
Governo condanna, tribunali assolvono: il paradosso della canapa in Italia
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Il paradosso italiano: la canapa criminalizzata dal governo, assolta dai tribunali
Una filiera fiorente messa in crisi dal DL Sicurezza
La canapa industriale italiana è una realtà economica da 500 milioni di euro, con 3.000 aziende attive e oltre 30.000 lavoratori. Tuttavia, il DL Sicurezza del 2025, con il famigerato articolo 18, vieta ogni attività sulle infiorescenze di canapa, equiparandole a sostanze stupefacenti. Una decisione che ignora sentenze della Cassazione e norme europee.
Le conseguenze sulle imprese
Molte aziende stanno già valutando delocalizzazioni verso l’estero, in particolare in Repubblica Ceca e Svizzera, dove la coltivazione è regolamentata in modo più razionale. A rischio ci sono decine di migliaia di posti di lavoro e una filiera green che aveva dimostrato forte potenziale nell’agroindustria e nella bioedilizia.
Una giustizia più illuminata della politica
Recenti sentenze (come quella su EasyJoint a Parma) hanno stabilito che la canapa con THC inferiore allo 0,5% non può essere considerata sostanza stupefacente. Questo conferma come la legge penale venga spesso usata impropriamente, in assenza di prove di potenziale drogante.
Le proteste di associazioni e Regioni
CNA, Confagricoltura, CIA e le Regioni italiane hanno chiesto a gran voce la modifica dell’articolo 18. Il governo però resta fermo sulle proprie posizioni, ignorando il rischio occupazionale e industriale. Anche a livello europeo, sono partite denunce e petizioni contro l’Italia per violazione del principio di libera circolazione delle merci.
Canapa: risorsa per il futuro, non minaccia
In un contesto globale di transizione ecologica, la canapa rappresenta una delle colture più sostenibili. Penalizzarla con leggi repressive è una scelta miope e ideologica. L’appello è chiaro: servono regole chiare, non divieti inutili.