Il decreto Schillaci si ferma, la repressione no: perché i sequestri sulla cannabis light sono un abuso di Stato

Il decreto Schillaci si ferma, la repressione no: perché i sequestri sulla cannabis light sono un abuso di Stato

La recente decisione del Consiglio di Stato di sospendere l’efficacia del decreto Schillaci sul CBD ha segnato una tappa fondamentale nella battaglia per la sopravvivenza del settore della cannabis light in Italia. [web:2][web:3]

Mentre i giudici riconoscono il grave pregiudizio economico e occupazionale che deriverebbe dal blocco del cannabidiolo, sul territorio continuano però sequestri, perquisizioni e denunce che trattano la cannabis light come se fosse una droga pesante, generando un cortocircuito giuridico e sociale. [web:2][web:3][web:7]

La sospensione del decreto Schillaci

Il decreto del ministero della Salute guidato da Schillaci prevedeva che le preparazioni orali di CBD fossero inserite tra i medicinali stupefacenti, di fatto limitandone la vendita alle sole farmacie con ricetta ospedaliera. [web:3][web:6]

Il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso di diverse aziende della filiera, ha sospeso l’applicazione del provvedimento riconoscendo il rischio di un danno economico enorme per un comparto che vale centinaia di milioni di euro e dà lavoro a migliaia di persone. [web:2][web:3][web:5]

La sospensione non è una vittoria definitiva, ma conferma che una stretta così radicale sul CBD è sproporzionata, soprattutto alla luce delle evidenze scientifiche che non lo considerano una sostanza stupefacente paragonabile al THC. [web:3][web:4]

Un settore legale trasformato in bersaglio

La filiera della cannabis light e del CBD si è sviluppata negli ultimi anni nel quadro della normativa sulla canapa industriale, rispettando i limiti di THC stabiliti dalla legge e operando alla luce del sole con partita IVA, scontrini e tasse pagate. [web:3][web:8]

Nonostante questo, molte realtà imprenditoriali si sono trovate nel mirino di norme confuse e contraddittorie che le hanno trasformate, agli occhi di una parte delle istituzioni, in sospetti criminali invece che in attori economici legittimi. [web:3][web:5]

Il risultato è un clima di precarietà permanente: chi investe nella canapa sa di poter essere messo in ginocchio da un cambio di interpretazione, da una circolare o da un decreto che ribalta, dall’oggi al domani, le regole del gioco. [web:3][web:5]

Sequestri illogici e danni irreparabili

In questo contesto normativo confuso, i sequestri di cannabis light rappresentano l’aspetto più grave e illogico della repressione: prodotti con THC nei limiti di legge vengono comunque sequestrati, negozi perquisiti e titolari denunciati come se fossero narcotrafficanti. [web:7][web:8]

Non sono rari i casi in cui le analisi successive dimostrano la piena legalità delle infiorescenze, ma nel frattempo l’azienda ha perso merce, fatturato, credibilità e spesso anche la possibilità di continuare l’attività. [web:7][web:12]

Si tratta di un abuso di Stato perché la forza pubblica interviene contro soggetti che operano in un settore ritenuto legale dalla stessa giurisprudenza amministrativa, creando un danno economico e psicologico enorme senza alcun reale beneficio per la sicurezza. [web:2][web:8]

Disgregazione economica e sociale

Ogni sequestro infondato non è solo un atto amministrativo: significa licenziamenti, famiglie in difficoltà, progetti imprenditoriali bruciati, territori che perdono opportunità di sviluppo e giovani costretti ad abbandonare percorsi di lavoro legale. [web:3][web:5]

Tra coltivatori, trasformatori, rivenditori e lavoratori dell’indotto, la filiera della canapa genera migliaia di posti di lavoro e un gettito fiscale significativo, che viene messo a rischio da una repressione cieca e contraddittoria. [web:3][web:5]

Colpire questo comparto non riduce la criminalità, perché non aggredisce i grandi traffici di droga, ma indebolisce un’economia pulita e tracciabile, spingendo una parte della domanda verso il mercato nero invece che verso canali regolati. [web:7][web:10]

La tradizione della canapa cancellata

L’Italia ha una lunga storia legata alla coltivazione della canapa, utilizzata per decenni in agricoltura, nell’industria tessile e in altri settori produttivi, con una forte radice culturale in molte regioni. [web:3][web:8]

La rinascita della canapa industriale e della cannabis light aveva permesso di recuperare questa tradizione, dando nuova vita a campagne abbandonate e favorendo modelli produttivi più sostenibili e innovativi. [web:3][web:5]

La repressione in atto, però, tende a cancellare questa cultura, associando qualsiasi riferimento alla canapa a criminalità e devianza, e oscurando il contributo storico, economico e ambientale di questa pianta nel tessuto del Paese. [web:3][web:13]

Scienza ignorata e propaganda politica

Le politiche repressive sulla cannabis light e sul CBD appaiono scollegate dalle evidenze scientifiche, che distinguono chiaramente tra THC psicoattivo e CBD privo di effetti stupefacenti, e che mostrano come i prodotti con THC sotto soglia non abbiano gli stessi rischi delle droghe illecite. [web:3][web:4]

Nonostante ciò, una parte della classe politica continua a usare la retorica della “tolleranza zero” per compattare l’elettorato più conservatore, proponendo misure che colpiscono soprattutto i soggetti più visibili e regolati, come i negozi di cannabis light, invece delle organizzazioni criminali. [web:3][web:13]

Così la canapa diventa uno strumento di propaganda, un nemico simbolico da additare in campagna elettorale, sacrificando diritti, lavoro, razionalità giuridica e scientifica in nome di qualche punto percentuale nei sondaggi. [web:3][web:13]

Perché i sequestri sono un abuso di Stato

Quando lo Stato continua a colpire con sequestri e denunce una filiera che i giudici superiori riconoscono come legittima entro determinati parametri, si crea una frattura profonda tra legalità formale e legalità sostanziale. [web:2][web:8]

Questo abuso non è solo giuridico, ma anche morale: cittadini e imprese che scelgono la via della legalità vengono puniti più duramente di chi opera nel sommerso, ricevendo un messaggio chiaro e devastante sulla convenienza del rispetto delle regole. [web:3][web:7]

Ferma restando la sospensione del decreto Schillaci, è urgente un cambio di rotta complessivo: occorre bloccare la spirale di sequestri ingiustificati, riconoscere il valore economico e sociale della canapa e impostare la politica sulla cannabis su basi scientifiche e non su logiche repressive e opportunistiche. [web:2][web:3][web:10]

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